Il nome Sandakan porta alla mente pirati leggendari e storie di pirati odierni. Questa città di medie dimensioni sulla costa Est di Sabah, nel Borneo malese, è infatti oggi giudicata zona rossa. É sconsigliato visitarla in quanto di recente alcuni turisti occidentali sono stati rapiti, per ragioni di protesta verso la troppa ricchezza che questi hanno e rappresentano, come per motivi religiosi. Sandakan è infatti fortemente musulmana e, per quanto questa non sia un equazione ovvia, in parte anti-occidentale.
Per fare un esempio di cosa questo può significare posso dire che ho avuto una piccola esperienza che mi ha posto di fronte al problema. Durante un viaggio di transito in bus, ci siamo fermati a mangiare alla versione asiatica dell’Autogrill, quello che con Angelo abbiamo ormai definito un “warung rispettabile”. Cioè, un ristorante locale più che accettabile. Mentre aspettavo di tornare a bordo dell’autobus un ragazzo è arrivato con una macchina e ha parcheggiato di fronte a me. Sulla sua maglietta c’era Bill Laden. Con immagine e nome, proprio come quelle dei cantanti o dei calciatori. Solo che questa volta l’immagine non si rifaceva ai versi pro-libertà di Bob Marley, e nemmeno ad un più spartano Vasco, ma ad un uomo che simboleggia solo ed esclusivamente la lotta islamica al mondo occidentale.
Per quanto questo credo sia stato ormai più che approfonditamente indagato, fino a divenire sapere comune, vederlo così materializzato proprio di fronte a me è stato abbastanza scioccante. É ben diverso pensare che puoi non piacere a qualcuno o vederlo scritto sulla sua maglietta. Specialmente se sei l’unico occidentale nel raggio di qualche centinaio di chilometri. Me ne sono quindi tornato rapidamente al mio posto sul bus, che non sembrava più poi tanto scomodo.
Detto questo, ci tengo a precisare che Sandakan, al contrario dei timori iniziali, si è rivelata tra le località più interessanti e variegate dell’intero Nord del Borneo. Koching e Kota Kinabalu, infatti, le principali città della regione, sono città belle e pulite. Molto moderne, in cui non manca niente e si è accolti con gentilezza e con un diffuso inglese dall’ottima grammatica. Ecco, tutto un po’ troppo positivo, pulito, omologato. Mancano di quell’effetto straniante che è invece ciò che solitamente un viaggiatore cerca.
Sandakan questo almeno un poco lo offre a chi decida di visitarla. Per quanto sempre una grande città, con un discreto sviluppo del sistema turistico e il commercio nelle mani degli emigranti cinesi, come ormai è la (benvenuta) norma, vi regna ancora quel caos simpatico di venditori di roba inutile e banane, quel senso di oriente che è ciò che ci piace trovare. Mi ha ricordato il Nord di Sumatra, anch’esso profondamente musulmano e da alcuni ritenuto a rischio.
Perché andare a Sandakan però? Perché è il punto di partenza dei più noti tour di questa parte della Malesia. L’isola delle tartarughe in particolare. Un atollo di isole tropicali, con ricche cinture coralline, gestite da un parco naturale, su cui le tartarughe madri vanno a depositare le loro uova, nottetempo, così da aumentare le chance di sopravvivenza dei nascituri. Per una cifra intorno ai 200USD si può pernottare sull’isola e spiare questo evento con l’aiuto di una guida. Dopodiché si rilascia noi stessi alcune delle tartarughine nel mare.
Bello, ma un po’ troppo caro per i nostri gusti e anche un po’ troppo tour, nel senso di invasivo e a rischio famiglia malese (senza offesa) che si fotografa con tartaruga da un lato e segno W dall’altra. Sulla penisola inoltre questa stessa esperienza è egualmente possibile e a prezzi molto minori. Quindi forse è solo un esperienza rimandata quella di aiutare queste bestioline a farsi strada nel mondo.
Un’altra delle possibili destinazioni raggiungibili da Sandakan è un grande fiume circondato dalla foresta, il Kinabatangan. Questa foresta si dice sia ricchissima di mammiferi, volatili e rettili. Quello per cui si va in Borneo, insomma, a meno che non si abbia un debole per il cannibalismo. Questa presenza abbondante sembra spiegarsi anche con una rapida occhiata alla cartina. L’unica fetta di foresta che le sconfinate piantagioni di palma da olio hanno lasciato vivere è quella che segue il corso del fiume. L’intera fauna scampata al disboscamento si è allora rifugiata qui, compresi elefanti pigmei, rinoceronti, scimmie di ogni tipo e tutti gli altri fondamentalmente.
Anche stavolta si tratta di un tour, perché l’affitto indipendente di una barchetta su questo fiume color fango e infestato di coccodrilli e pitoni non sembra una idea felice. Inoltre i soldi sono spesi anche per il bene degli animali che tanto ci preme vedere, visto che sono l’unica cosa che ancora assicura loro una casa. Il giorno che il turismo scemerà, infatti, niente fermerà la definitiva vittoria delle distese di palme su una delle foreste pluviali più antiche del mondo.
I costi poi sono minori rispetto alla più esclusiva isola delle tartarughe, intorno ai 70USD per viaggi in macchina da Sandakan al lodge, due escursioni sul fiume, una al tramonto ed una notturna ed i pasti.
La prima crociera non ci lascia entusiasti, per quanto avessimo avvistato un Orang Utan, molte scimmie Nasiche ed avessi sostato fin troppo allungo sotto un serpente nero a righe gialle per permettere agli anziani giapponesi nostri compagni di crociera di mettere a fuoco il crotalo mortale. Picco dell’escursione, almeno per noi che di macachi ne abbiamo abbastanza già dai tempi di Bali, è stato l’avvistamento del Hornbill: un uccello alto circa mezzo metro, dotato di un enorme corno posto sopra il grande becco.
La seconda visita alla foresta lungo il fiume ha però dato i suoi frutti. Specialmente per un senso di thrilling, dato dall’oscurità e dalla presenza dei coccodrilli presumo, che rende la gita un poco più piccante. In questo caso ci imbattiamo in diversi uccelli tropicali, che la guida avvista in modo ai miei occhi miracoloso. Grandi gufi, Kingfishers coloratissimi e molti altri. Mentre iniziavamo seriamente a chiedersi quanto ci avremmo messo ad incocciare un coccodrillo dormiente, visto che la luce non era mai puntata sulla via di fronte alla prua, un improvviso splash sul fianco del fine motoscafo ci fa sobbalzare. Abbiamo urtato un pitone di 3 metri che sonnecchiava in superficie. Chiaramente non ne era contento, ma almeno ha evitato di salire a bordo per dircelo, limitandosi a zig-zagare fino a riva. Dove i giapponesi infine lo hanno notato.