Le religioni asiatiche sono un grande mistero già fin dalla partenza. E specialmente per chi proviene dalle terre con un solo Dio, dove il più grande dei problemi è comprendere come si possa essere uni e trini al contempo, o cosa sia davvero lo spirito santo. A questa domanda una risposta chiara sinceramente non sono mai riuscito a trovarla, ma un po’ di ordine, fin dove possibile, nell’intreccio di storie e fedi di questo Peloponneso d’Oriente, racchiuso fra i giganti India e Cina, sono riuscito a farlo.
Intanto, cominciamo affermando che la fede principale in questa area del mondo è il buddismo. Questo vale per Thailandia, Myanmar, Cambogia, Laos e in parte Vietnam. Malesia e più a sud Indonesia sono invece fortemente musulmane. Storia a se fa Bali, isola fra le tante indonesiane, in cui vive un’induismo dalle radici antiche ma ormai mutato in una forma quasi a se stante, obbligato ad un anomalo monoteismo dalle riforme di Sukarno nel secondo dopo guerra e misto a credenze locali marcatamente animiste. Animiste significa che ad ogni elemento naturale, o quasi, corrisponde uno spirito. I fenomeni naturali si vivificano e assumono una personalità, in modo non dissimile dalle divinità del pantheon greco, dove ai venti di abbinava Eolo, ai fulmini Zeus ed ai piccoli fiumi ninfe e così via.
Le influenze indiane sulle isole indonesiane hanno origini antichissime e non del tutto chiare. Più versioni si contrappongono riguardo le radici storiche di questo incontro, ma non sono interessanti per questo testo. Quello che invece conta sono le conseguenze di queste antiche migrazioni che hanno partecipato a rendere il Sud-Est asiatico quello che è oggi. Sarà necessario quindi andare oltre il buddismo ed introdurre almeno brevemente l’Induismo, ad esempio per capire le sorti religiose di un paese come la Cambogia e l’origine di una meraviglia come la piana di Angkor.
Ma andiamo per gradi. Il buddismo è la fede predominante. Questa è una religione votata alla ricerca interiore, nella forma della meditazione. Seguendo gli insegnamenti di Buddha infatti si può raggiungere tramite la meditazione il Nirvana, o liberazione dal ciclo delle rinascite. Vedremo tra breve cosa si intende con questa. Il nirvana è considerato raggiungibile da chiunque nella concezione Mahayama. Mentre è una via percorribile solo ad alcuni eletti nella concezione Theravada. Siddharta Gautama, poi Buddha, vale a dire il risvegliato, sarebbe vissuto nell’odierno Nepal intorno al 500ac. Quando dalle nostre parti ci si accingeva a vivere le glorie di Atene e si narravano le tragedie antiche di Eschilo e Sofocle. Sarebbe poi sceso in India e da qui avrebbe predicato le sue idee, dopo aver raggiunto il nirvana sotto un albero a Budhgaya.
Su che base culturale però si inserisce il buddismo? Come si può immaginare pensando al già accennato credo nel ciclo delle reincarnazioni il buddismo si inscrive nella cultura induista. In ogni occasione nella quale nei testi buddisti ci si riferisca a qualcosa che esiste al di la del materiale questo è un elemento proprio agli scritti induisti.
Cos’è l’induismo allora, che sembra aver avuto tanta influenza fino quasi da arrivare in Oceania? È un intreccio infinito. Non saprei come altro definirlo e come sensatamente riassumerlo in poche righe. Farà chiarezza, spero, almeno mettere luce sulla sua confusione. Si pensi che l’induismo è la religione principale di uno degli stati più popolati al mondo e senza dubbio del più densamente popolato. L’India è in se stessa un continente, fatta di numerosissime culture e lingue. Le versioni della sua religione, i suoi testi, le sue fusioni altrettante. Si pensi che Cristo stesso può tranquillamente entrare a far parte delle preghiere di un induista. Questi infatti non amano limitare i propri Dei, ognuno ha il suo scopo e funzione. Per semplificare le cose si può affermare che tre sono le divinità principali, Shiva, Vishnu, e Brahma o Atma, il respiro vitale del mondo. Non meno importante però è l’uomo dalla testa di elefante Ganesh, detto colui che rimuove gli ostacoli, così che con esplicita praticità lo si trova spesso sul cruscotto delle macchine.
La trinità, o trimurti, da questi composta può essere ridotta ad una narrazione base in questo modo: Brahma è colui che dà vita al mondo, Vishnu è colui che ne preserva l’esistenza, mentre Shiva ne è il distruttore. Shiva è detto quindi il distruttore, ma questa non è da considerarsi meramente come opera negativa. Anzi, la tradizione vuole che Shiva stesso sia propedeutico alla creazione. Esso è Dio della contemplazione ed è il suo stato di concentrazione profonda che rende il mondo possibile. Quando il creato avrà consluso il suo percorso e sarà tempo di dare fine al suo corso, in attesa di una nuova era dell’esistente, sarà Shiva ha agire in tal senso.
Alla base della cultura induista si trovano una serie di antichissimi testi detti Veda. Questi si ritengono creati da Brahma e tramandano le pratiche della religione induista. Si rivolgono ai Pandit, i preti induisti che appartengono esclusivamente alla casta dei bramini, la più alta fra le quattro caste classiche dell’India. Il sapere contenuto nei testi vedici è quindi tecnico, pratico, necessario ai preti per svolgere le loro cerimonie, o puja. Perchè i principi contenuti in questi scritti potessero essere compresi e accolti dal popolo il loro sapere venne convogliato all’interno di grandi storie, in modo anche in questo caso non dissimile dal ruolo che l’Iliade e l’Odissea hanno avuto per la cultura mediterranea. Questi testi sono la Ramayana e la Mahabharata.
Nelle due storie Vishnu si incarna e scende sulla terra. Ram o Rama è il suo avatar protagonista della Ramayana, o storia di Ram. Ram è Re di Ayodhya, una città mitica, e lotterà contro il demone Re di Lanka (oggi Sri Lanka) Ravana, capo degli Asura. Mentre nel Mahabharata Vishnu prende la forma di Krishna, aiutante di Arjuna e dei Pandava, cinque fratelli in lotta contro un differente ramo della stessa famiglia per la riconquista del proprio regno. All’interno di questo secondo testo, quando Arjuna è preso dai dubbi per una battaglia che lo vede fronteggiare parenti e maestri, viene consigliato da Krishna con un discorso che sarà poi denominato Bhagavad Gita. Questo è ad oggi, scisso dal racconto, il principale testo di metafisica induista.
Entrare nei dettagli di questi due testi immensi sarebbe fuori tema, è però fondamentale nominarli per poter chiudere il cerchio aperto parlando delle influenze induiste sul sud-est asiatico ed in particolare sui templi di Angkor. Questi sono infatti dedicati a Vishu e ornati da intarzi raffiguranti proprio la Ramayana. In Cambogia e non solo le culture buddista e induista sono tanto intrecciate che Buddha è riconosciuto come nono e ultimo avatar di Vishnu.