New York City, 11 Settembre 2015
Respiro tra gli alberi di Central Park. Il rumore dei grilli, gli uccellini, ultimi segni di un mondo, antico superato e sconfitto. Ho camminato lungo un ponte che collega il nord di Brooklyn a Roosevelt Island e poi a Manhattan. Anche I palazzi più vecchi sembrano schiacciati e lasciati senza respiro. Figuriamoci gli alberi, gli insetti. Non c’è neanche una formica in giro. Solo umani e ratti riescono a vivere qui. Intanto, il rumore del traffico e degli infiniti cantieri è onnipresente. Un sottofondo ammorbante.
Inutile non rendersi conto che città grandi come New York non sono niente di diverso da quelle di distese di feti e corpi umani che si vedono nel film Matrix. Non si produce energia, ma l’energia e vitalità umana sono motore di un sistema che genera ricchezza e vantaggi per pochissimi. Chi vive qui è illuso di essere al centro di un qualcosa. Illuso che quegli agi quotidiani, il cibo, l’alcol, gli intrattenimenti, siano il lusso che cerca. Nel frattempo si diventa più simili a macchine che ad esseri naturali. La natura è scacciata. Anche la natura umana, oltre che verde ed animale. La nostra vera natura.
“I’m the black American Dream” Frase scritta sulla maglietta di un newyorkese.