Galline. Tante, almeno sette o otto di fronte a me. Che perlustrano, inseguono e si inseguono. Si mordono, fra le piante tropicali. Ma fossero solo le galline!
Quando una casa accende la musica tutte le altre la accendono un secondo dopo. Il blocco si trasforma in un club dalla offerta musicale ineguagliabile. A un angolo è salsa contro vallenato, la musica popolare. La champeta domina la via, fino a che non incontra reggae e reggetton.
Oggi Palomino si è svegliata con la luce elettrica però senza sole. Gli ultimi due giorni sono stati quasi sempre senza elettricità. Specialmente nelle ore di buio, quando servirebbe di più. Così che abbiamo dormito molto presto. Perché al tramonto sempre arriva la pioggia. Tanta pioggia. Temporali dalla potenza spaventosa. Ieri lo abbiamo guardato arrivare dalla bocca del fiume. Il Nevado di Santa Marta già non esisteva inghiottito dalle più dense nuvole. Qui il cielo è basso ma profondo. Si vedono e intravedono vari cieli uno dopo l’altro, uno dentro l’altro. L’oceano Atlantico, che qui è Mar dei Caraibi, a fine settembre è ancora in subbuglio per gli uragani estivi. Porta la sua umidità alle pendici di questa solitaria montagna. Verso la sua cima a quasi seimila metri ogni fascia climatica tropicale è attraversata, fino alla neve. Non bastasse questo incontro esplosivo tra altitudine e oceano è da considerare che tra l’una e l’altro ci sono appena 40 chilometri. Un concentrato di energie.
Normalmente la mattina c’è il sole. Anche se è appena una settimana che sono qui e non sono per niente attendibile. Svegliarsi senza sole è in ogni parte del mondo più difficile che quando la luce splende e rende le cose belle. Qui, dove almeno non fa freddo, ci si sveglia in un mondo bagnato dalla pioggia del giorno prima. Il sole farebbe di quelle pozze e di quei pantani terra battuta in mezz’ora. Invece le pozze rimangono lì con la loro incomodità e la minaccia di peggiorare alla prossima pioggia. In più mi sveglio in una casa sporca. Una casa nuova per me e vecchia per chi me la lascia sporca. È una storia complessa però vedremo di arrivarci. Per ora basti pensare che mi sono svegliato in un mondo umido, se non bagnato, e in una casa sporca. Fatto è che però ancora non ho pagato l’affitto. Mi hanno infatti regalato tre giorni, cosi che non posso dire molto. Paula mi ha svegliato presto, come alle 5.20, che io considero molto presto. Comunque non so se per questo o per cosa altro però camminando nel villaggio di Palomino oggi non mi è piaciuto molto. Sicuramente è perché non c’era il sole che fa brillare le foglie e i fiori e le strade sterrate si vedono belle, mentre oggi erano un pantano. Però è anche perché è il secondo giorno che vivo qui e già fa routine in un certo senso e avrei voglia di una casa pulita e un luogo privato. Invece la casa è il delirio e i vicini sono una enciclopedia degli accenti colombiani e una quantità tale che non si tiene il conto. Mi viene da pensare perché ho scelto di vivere qui fra tutti i posti del mondo. Come i 25 della casa di fronte che ci sono finiti senza scegliere.
Immagino che abbia qualcosa a che vedere con l’intrattenimento. Per esempio ora che finalmente stanno lavando la casa sono arrivati: due cugine, una impiegata di servizio, un bimbo e una bimba, un cane. Si aggiungono a me e due gatti. Nel corso della giornata ho visto arrivare almeno altri tre cani. Il più duro a demordere è una cagna nera e bianca con le mammelle affaticate da un recente parto. Un bimbo in crocx ha giocato per mezz’ora con un monopattino senza la ruota di dietro, nel fango, poi è andato via sereno passando sotto il filo spinato. La consegna del cemento l’hanno fatta in moto arrivando fino in casa praticamente, poi andandosene nei dieci metri dal patio al cancello di ingresso sgassando. Non è un posto dove ci si annoi insomma.
Al tramonto mentre Paula sistemava alcune cose sono uscito a comprare quello che mancava. Alla fine non ha piovuto tutto il giorno e il cielo si è aperto prima di sera. Passando per il campo di calcio si vedono le vette delle prime montagne nel cielo limpido. La sagoma della giungla disegnata sul blu brillante del cielo. Mentre passa una moto caricando un nano con in braccio una cassa che a tutto volume invita ad andare al circo locale. In mezzo al campo ci sono tutti i bambini che ho conosciuto durante la giornata. In un momento è un privilegio saperli riconoscere. Fa sentire a casa.
Giocano a saltare nei quadrati nel fango secco del centrocampo. Ai margini del campo altri incrociati nella giornata. Quello del cemento invece dei sacchi sulla moto porta una ragazza. Così, mentre cammino passando per la bandierina del calcio d’angolo che non c’è, penso che questo è il quartiere. Questi sono gli abitanti del barrio, vivono accanto a me e passano dal mio terreno (affittato). Che siano gatti, cani, cristiani e via dicendo, non conta. Mi accorgo che è solo questione di farsi amici quei pochi che vivono qua intorno e avere pazienza delle loro vite strane, dei loro animali ineducati, forse chiudere meglio le reti anche, però appunto apprezzare che non ci siano muri a dividerti da tutto e risolvere i problemi eliminando i contatti.