Non esiste un tipo di viaggiatore migliore di un altro. Quel che conta più di ogni altra cosa è l’entusiasmo con cui si affronta ogni giorno. Entusiasmo, che sia silenzioso o a toni alti non conta, ma questa è la parola chiave che ogni viaggiatore dovrebbe sposare.
Si potrebbe entrare nei dettagli di quel che è preferibile un viaggiatore faccia, o come ci si dovrebbe comportare, ma questo varrebbe probabilmente anche sul modo in cui essere uomo, persona, prima ancora che viaggiatore. Qualunque sia il nostro modo di viaggiare c’è una sola priorità: avere il sorriso in testa, perché averlo sempre sulle labbra alla fine ci farebbe sembrare scemi, e il luogo importante dove conservarlo è la testa.
Se si ha il sorriso in testa non sarà difficile portarlo alla bocca appena si pone l’opportunità. Il sorriso è il principale simbolo di apertura, è una fessura nella nostra interiorità che si mostra agli altri, che ci rende pronti a perdersi col flusso.
Si deve, obbligatoriamente, essere viaggiatori felici. Così come si deve essere uomini felici. Tutto il resto viene dopo. Ci sono viaggiatori attenti a tutto, ad ogni dettaglio, che hanno giudicato l’intero spettro dei possibili modi di comportarsi. Ne hanno delineato ogni profilo ed hanno scelto quello giusto. L’unico giusto. Poi riposano soli nelle loro camere d’albergo. Convinti di quanto siano migliori degli altri. Nel frattempo anche il peggiore dei viaggiatori, anche quello che è solo capace di farsi foto davanti ai monumenti, o quello che crede che ogni destinazione di viaggio debba essere trattata come il pub del quartiere da cui proviene, si diverte. Fa esperienze, incontra persone, cambia.
Il viaggio è un esperienza mentale fortissima, ma più di tutto deve riempire il cuore. I timori, il terrore anche di certi momenti, così come la gioia profonda, la voglia di buttarsi, lo spaesamento di stupirsi di se stessi, di trovarsi a fare cose che non ci saremmo aspettati da noi stessi. Lo scoprirsi differenti, nuovi, senza nemmeno sapere perché. Avendo perso il filo degli eventi che ci hanno condotto non in un luogo, ma a sentirsi in un tal modo un tal giorno.
Solo dopo che ci si sarà lasciati andare a sentire il viaggio ci si porrà il problema dei dettagli di come un viaggiatore si debba comportare. E probabilmente verrà naturale il rispetto per gli altri e per i loro usi. Verrà naturale interessarsi alle cose incontrate, studiare la cultura locale. Sarà come ascoltare le storie delle persone incontrate dalla loro stessa voce. E se si è aperto il cuore a queste, ascoltare le loro storie sarà nostro desiderio senza bisogno di impegno, senza sforzo.
Per questo viaggiare da soli è il modo che più di ogni altro insegna l’entusiasmo del viaggiare. Qualcuno ha detto che il viaggiatore solitario è un simbolo di apertura all’incontro. Quello che a prima vista suona come solitudine e asocialità è esattamente l’opposto. Non si parla di un’eremita, un viaggiatore solitario sa che incontrerà qualcuno ogni giorno e non aspetta altro che questo accada. È una delle ragioni per cui viaggia solo.
Per avere questa forza di rinnovarsi ogni giorno, di offrire il proprio sorriso ad ogni occasione, l’ingrediente chiave è l’entusiasmo. Non idee preconcette su chi sia meglio o peggio incontrare, chi va bene e chi va male. Solo entusiasmo e il sorriso pronto in testa per offrirlo a chi incrocia la sua via.
A volte viaggiando si trovano persone che sanno tutto, che esprimono concetti profondi, bellissimi e interessanti. Persone da cui si può imparare molto. Ma altre volte s’incontrano persone semplicemente felici, entusiaste. E questo accade spessissimo, anche perché il mondo è pieno di ottimismo e serenità, ben più di quanto a volte ci rendiamo conto. Queste persone sono quelle che danno davvero la forza di muoversi ogni giorno e magari affrontare quelle idee complesse e giuste che altri viaggiatori ci donano con lo spirito più adatto. Perché prima delle idee giuste serve lo spirito giusto per affrontarle. L’entusiasmo appunto.