Non tutti i viaggiatori sono uguali, questo è noto, ma forse non tutti sanno che anche tra i grandi viaggiatori della storia ci possono essere grandi differenze. Due dei più noti viaggiatori occidentali di cui si abbia memoria sono Marco Polo (1254-1324) e Cristoforo Colombo (1451-1506). Per quanto entrambi siano in pari modo ricordati dopo secoli, non potrebbero esserci due modi più diversi di affrontare il viaggio.
Marco Polo viaggiava quando ancora la carta geografica non esisteva. Era un mercante e sulle rotte dei mercanti si muoveva. Non vi erano nord e sud, est ed ovest. Ma solo le direzioni dei venti, Tramontana e Grecale, o le parole delle genti incontrate sulla via. Lo spazio come lo intendiamo oggi ancora non esisteva. Non vi era modo di prevedere quel che si sarebbe trovato dietro una montagna o un lago, se non trovandosi abbastanza vicini a quel luogo da poter contare su qualche disponibile sconosciuto che regalasse le sue nozioni. Ma la verità è che in un mondo senza geografia, non c’è previsione e quindi non c’è necessità di sapere cosa ci aspetta. Non c’è modo e nemmeno bisogno di stabilire una meta. L’itinerario si costruisce da solo, lungo la via, e si è sempre pronti a cambiarlo.
Polo lungo il suo viaggiare si fermava spesso e a lungo, per piacere o obbligato dalle stagioni. Così facendo assorbiva la cultura dei luoghi, ne imparava le lingue fino a saper distinguere anche minime differenze fra idiomi regionali. Conosceva i luoghi in modo così profondo da diventarne parte, senza avere idea di dove essi si trovassero nello spazio. Perché questi non erano spazio, ma veri e propri luoghi, cioè parti a se stanti, non pezzi di un puzzle più ampio. Il luogo è l’espressione di un incontro diretto, di esperienze personali e soggetti unici e particolari. Un volto sorridente, un profumo sconosciuto che ci attira da una finestra aperta. Niente di generale, di fisso, valido per tutti e per sempre.
Polo viaggia per 24 anni, diventando così esperto e saggio da essere utile consigliere perfino per il Re dei Re, l’imperatore mongolo Kubilay. Assieme al padre Niccolò e allo zio Maffeo, risiederà alla corte dell’imperatore del mondo per ben 17 anni. Lungo la via, in Cina ad esempio, nell’odierna Zhangye, sosterà per un anno intero. Dopo tutti questi anni, nuovamente a Venezia da dove era partito, dirà che se avesse saputo che un giorno sarebbe effettivamente tornato, avrebbe raccolto ancora più storie e informazioni. Ma in un mondo senza spazio, fatto solamente di luoghi, cosa è il ritorno?
Come viaggiava invece Cristoforo Colombo? Di fretta. La rapidità era la principale delle sue preoccupazioni. Assieme alla meta. A sua discolpa, per così dire, va ammesso che lui più che un viaggiatore era un esploratore. Era in missione per scoprire un qualcosa, per arrivare in un luogo preciso. Per questo era pagato e per questo diverrà famoso. Ciò non toglie, però, che alla base della sua scoperta vi siano lunghe giornate di navigazione e un modo di viaggiare.
Un esempio su tutti vale per capire quanto questo modo di viaggiare fosse opposto a quello della famiglia Polo. Colombo veleggiava grazie ai venti, ma seguendo la bussola e una carta. Questa carta dell’Oceano era stata eseguita su commissione da Paolo Dal Pozzo Toscanelli, ritenuto fra i più grandi geografi moderni. Tanto Colombo si fidava di questa carta da creder meno ai suoi occhi che ad essa. E questa era stata preparata da un uomo, di certo dottissimo, ma che mai si era recato tanto lontano. Solo dal terzo viaggio in avanti l’avventuriero inizia a capire che forse non si trova dove crede. Non si trova nel Catai di Marco Polo, ma in un nuovo mondo. Ben tre lunghe navigazioni sono necessarie per mettere in dubbio la sicurezza con cui la carta era stata sovrapposta alla realtà e una quarta perché il dubbio si insinui definitivamente.
Questo accade quando la rappresentazione geografica, la mappa, prende il posto del mondo. Viene prima dell’esperienza del mondo. È il mondo ad adeguarsi alla carta, non viceversa. Il luogo è diventato spazio: l’incontro tra meridiani e paralleli, una direzione determinata dalla bussola, un punto su una mappa che “fa già le veci di quel che raffigura fino ad anticiparne la natura e le fattezze, e prefigurarne addirittura l’esistenza”*.
Entrambi questi personaggi sono stati viaggiatori di successo. A conferma che non ci sono regole valide sempre e comunque. Ognuno viaggia come vuole e come sceglie di fare. Scegli tu, quindi, chi preferisci essere. Io, personalmente, torno al medioevo.
*Lo spunto per l’idea, e questa citazione, vengono dal testo Geografia (Einaudi), di Franco Farinelli.