Il dente appuntito del monte Kinabalu spunta tra le nuvole che lo ricoprono quasi perennemente. Non è una presenza pacifica, un immagina morbida, ma una vetta irta e rocciosa, affiancata da altre simili. L’ultimo tratto di cammino, prima di raggiungere i suoi 4100m, è segnato da una fune che aiuta e guida lo scalatore a trovare la via in questo paesaggio lunare. Peccato che noi sulla vetta non ci siamo andati.
Non ci siamo arrivati a vedere il paesaggio lunare. Non per ragioni atmosferiche, né di abilità o atletismo, ma per ragioni economiche. Alcune delle destinazioni più battute del Borneo malese, infatti, hanno raggiunto costi non solo inusuali e fuori media rispetto a tutto il resto del Sud-Est asiatico, ma che farebbero storcere il naso anche in Europa. Per la scalata al Monte Kinabalu ad esempio, che di certo rientra tra le mete più battute dello stato di Sabah, e a ragione data la sua bellezza, sono necessari in totale qualcosa come 300USD. Soldi con cui in Asia si può viaggiare a lungo, almeno un paio di settimane mediamente. E se si sosta possono durare anche un mese. Si parla di un tracciato relativamente semplice inoltre, che chiunque abbia un po’ di forza nelle gambe è in grado di affrontare, e che non prende nemmeno un tempo particolarmente lungo. Il tempo complessivo è infatti più o meno di otto ore, discesa e sosta sulla vetta comprese. Il costo è dato dalla somma del biglietto di ingresso al parco (5USD); il compenso della guida obbligatoria che è intorno ai 50USD, ma varia a seconda del numero dei componenti del gruppo; il permesso per scalare e raggiungere la vetta che costa circa 35USD; ma soprattutto l’ostello posto verso la metà del cammino, dove si dorme una notte al costo di circa 200USD. In camerata d’ostello oltretutto.
La scalata è divisa in due momenti, in modo da cogliere le poche ore di cielo limpido che la mattina regala. Si dorme a poca distanza dalla vetta quindi, in strutture ad hoc organizzate dal parco stesso, per poi ripartire poco prima dell’alba. Così facendo, si dice, vi sarà possibile non solo conquistare l’agognata vetta, ma anche godervi il panorama circostante. Abbiamo provato ad aggirare i costi assurdi dell’ostello a metà cammino, reso tale dalla mancanza di competizione, dove magari poi ti ritrovi pure a dormire sopra in un lettino a castello. Siamo andati a chiedere il permesso al capo dei Rangers, quindi, per affrontare la scalata in un solo giorno. Sembrava di essere tornato ai tempi in cui mi mandavano dal preside e aspettavo fuori dalla porta, sul divanetto o sedia di turno, il momento di affrontare la ramanzina. Ma non abbiamo avuto fortuna. Di fatto la scalata è più che fattibile in un giorno solo. Il parco apre i cancelli alle 7 di mattina. Basta il tempo di registrarsi e si parte, con l’obbiettivo di raggiungere l’ultimo cancello intorno alla 10. Quest’ultimo ufficialmente a quell’ora chiude, ma in molti dicono che sareste lasciati passare comunque. Da lì la strada è breve, anche se molto ripida e immersa in un ambiente scevro di vegetazione, con guglie di rocce che sembrano fatte apposta per spaventarvi. Il problema non sono i tempi, però, ma il tempo. Nel senso meteoroligico. Tra le dieci e mezzogiorno è praticamente scontato che cominci a piovere. Così diceva il Preside/Ranger e così è avvenuto, infatti ci siamo presi la più grossa lavata dall’arrivo in Asia. E quando ai tropici piove, si sa, piove seriamente. Con rischio di inondazioni poco sotto la vetta, che possono bloccarci lassù dove non è per niente accogliente, impedendo la discesa. Con queste ragioni il capo ranger ci ha convinti a desistere. Inoltre è dato quasi per certo che anche raggiungendo la vetta tra le undici e mezzogiorno non si vedrà altro che nebbia fittissima tutto intorno a noi. Insomma, la natura fa il gioco del parco, sostanzialmente obbligando a sottostare ai prezzi da 4 stelle che questo ci offre. Ma forse è meglio così, almeno tutti i turisti che volano fino là solo per la scalata cedono i loro soldi a chi li usa per proteggerci la natura. Anche se questo impedisce a molti come noi di arrivare fino in cima.
Viaggio inutile quindi? Al contrario. Le camminate nella foresta che circonda la montagna sono relativamente facili, varie e molto belle. Il nostro percorso, ad esempio, è stato di 10km abbondanti, risalendo le colline alla ricerca degli sfuggenti uccelli colorati del Borneo, scendendo poi per seguire il corso di un fiume immersi nella più viva foresta pluviale (con grandi foglie di banano a farci da ombrello, perché a quel punto pioveva copiosamente). Anche il piccolo giardino botanico vale una visita, con i suoi molti esempi di orchidee che qui crescono selvatiche. Un consiglio, se volete vedere gli uccelli, che sono bellissimi ma spesso minuscoli e velocissimi, l’unico modo è seguire i Bird-Watchers giapponesi. Che non mancano mai. Questi si aggirano per il parco in abiti iper-mimetici, armati di macchine fotografiche con obbiettivi da stadio, lunghi un metro, sorrette da cavalletti alti più di loro, alla ricerca di un migliaio di diverse versioni di un qualche scatto unico e irripetibile. Regalando uno spettacolo comico veramente da non perdere, con grugniti, profondi silenzi ed entusiasmi irrefrenabili da avvistamento per uccellini della dimensione del mio pollice. Oltre che dritte indispensabili per intravedere qualcuna di queste specie uniche.