Appena atterrato a Yangon, l’antica capitale di quella che per i britannici era Birmania ed oggi è Myanmar, due cose mi hanno colpito immediatamente: l’ospitalità dei locali e l’abitudine a masticare Betel-nut. Quest’ultima lascia macchie rosso accese sui denti come fossero rigati di sangue, rovinando i denti stessi in modo irrecuperabile. Al primo impatto questi sorrisi sono terrificanti. È grottesco il contrasto tra la grandezza e genuina bontà dei sorrisi e le macchie rosse vampiresche che li colorano.
La noce della palma di Betel, che ne è in realtà il seme, è diffusissima in tutta l’Asia, dall’India da cui proviene fino all’Indonesia, ma anche in Africa e Cina. E il suo uso si perde davvero nella notte dei tempi, con le prime descrizioni dei suoi benefici risalenti alla Cina del 100 A.C. E se questo non bastasse il suo uso trascende le classi sociali. Senza distinzione tra guadagni o impieghi tutti al mattino, dopo pranzo, lavorando, sempre fondamentalmente, si dedicano a masticare questo intruglio e a sputare. Sputare è una parte chiave del processo e la saliva diventa tanto rossa che l’intero paese ne è marchiato. Ogni superficie, dalla spiaggia alle montagne, dalle Pagode ai marciapiedi delle grandi città. Unica differenza che si può tracciare è tra chi ha la premura di lavarsi la bocca dopo la masticazione e chi non se ne cura. Tale differenza è tanto evidente che è inutile sottolinearla. Chi non si lava la bocca perde tutti i denti ad una velocità impressionante. Ragazzi a male pena ventenni con pochi malandati denti in bocca sono all’ordine del giorno e fa rabbia vedere come per loro invece non sembri essere un problema. Per non parlare del fatto che i semi sono cancerogeni.
Sceso dall’aereo ho cercato altri viaggiatori con cui condividere un taxi. Un uomo di mezza età birmano, con un buon inglese, aveva fatto amicizia con una ragazza tedesca e si stava occupando di aiutare questa nelle sue necessità. Mi sono accorpato ed il primo tragitto è cominciato. Invece di dirigersi verso il centro, però, l’autista prende una strada sterrata laterale che si perde fra le mura delle case attinenti. Per quanto mi insospettisca non c’è traccia di alcuna brutta intenzione nella voce dell’autista che anch’esso in un discreto inglese mi sta spiegando come si componga uno di questi pacchetti che racchiudono le tanto prelibate noci. Chiedo per sicurezza dove ci si stia dirigendo e mi spiegano che la nostra improvvisata guida deve cambiare denaro al mercato nero. In molti luoghi sarebbe qualcosa di pericoloso, in Myanmar diventa l’occasione per il primo incontro con i mille sorrisi degli abitanti del villaggio, l’attitudine allegra dell’uomo armato di enormi mazzette di denaro intento ad effettuare il cambio ed i mille bambini incuriositi. I sorrisi arrivano da tutti, dai più piccoli per primi, ma anche da padri, madri, anziani. Tutti sono accoglienti e piacevolmente sorpresi di questa novità occidentale.
Nel frattempo l’autista mi spiega la composizione di questi pacchetti verdi che non smettono mai di mettersi in bocca. Una foglia verde rotonda, presa dalla palma di Betel, è usata come involucro. Su questa è spalmato un velo di una pasta bianca al sapore di lime, poi alcune foglie di tabacco conservate sotto alcol e infine alcuni dei semi stessi di cui si è detto. La foglia è poi piegata più volte fino a diventare un pacchetto di un paio di centimetri che si adatta perfettamente ad essere messo fra guancia e denti posteriori. Il bel pacchettino verde ha un tracollo estetico molto rapido però, mutando in pochi attimi la sua forma in quella di gettiti di saliva rosso accesa.
Questo è davvero il principale e più caratteristico degli usi birmani e prova ne è anche la diffusione dei banchetti che si occupano della vendita dei semi. Questi sono minimali nella maggior parte dei casi, ma letteralmente disseminati ovunque, ad ogni angolo di strada e spesso presi d’assalto.
Se non bastassero i denti corrosi e rossi da cannibale a guastare la prima immagine di questo popolo, in realtà splendido e puro come pochi altri al mondo probabilmente, ci si mette anche un’altra abitudine nazionale: l’uso della polvere di Thanaka. Altro non è che un pezzo di tronco d’albero tagliato e fatto seccare. Bagnandolo appena, poi, la polvere si fa densa e facilmente applicabile sul corpo. Ecco che in particolar modo donne e bambini, ma non solo, si trasformano così in antichi guerrieri in veste tribale. I segni sono infatti principalmente fatti sul viso, fronte e guance, oppure sulle braccia. Per quanto dopo poco tempo ci si abitui a questi segni e si impari anche ad apprezzarne il valore estetico, è indubbio che al primo incontro i segni risultino in qualche modo minacciosi, o almeno inaspettati e quindi sorprendenti. Specialmente quando questi invece di cerchiare le gote di una bella bambina, segnano il volto di un giovane uomo davvero ricordando un guerriero pronto alla battaglia. L’uso di questa crema, o polvere, ha ragioni estetiche prima di tutto, ma anche come protezione della pelle dall’ambiente e dal sole.
Un’altra abitudine locale, anche questa peculiare al solo Myanmar, per quanto potrei essere smentito, sta nel modo di chiamare il cameriere al ristorante, o ai diffusissimi tea-shop. La prima volta che ho sentito questo suono che è fatto stringendo le labbra, come in una sorta di bacio strozzato, ho pensato che se ero il cameriere “quel maleducato” non lo avrei mai servito. Poi, come sempre accade quando si nota qualcosa la prima volta, ho cominciato a sentire questo strano suono da tutti i lati e realizzato che non è altro che l’uso locale. Ha la sua efficacia in effetti, visto che è un suono che non ha altro utilizzo che questo. Se lo si sente è perché è stato chiamato un cameriere. Non c’è un’altra possibilità. Non per questo ritengo che sia meno maleducato della prima volta che l’ho sentito.
Un ultimo accenno ad una questione che a mio modo di vedere è davvero unica. Non si tratta di un abitudine, ma di normative qui. È cosa nota che la Birmania è stata a lungo colonia britannica. Si parla di qualcosa come 200 anni di controllo da parte della Compagnie delle Indie e 100 anni di effettivo governo Inglese. La maggior parte delle macchine e dei camion in circolazione hanno la guida a destra quindi, come di norma negli ex paesi britannici. Ma qui sta la peculiarità, in realtà anche la corsia di guida è quella di destra! Proprio come da noi in Italia. La giunta militare quando ha preso il potere ha cambiato tutto, compreso il sistema di guida. Non ha cambiato le strade, però, che sono sempre impostate per la guida a sinistra e il mercato delle macchine, a dir poco scarso a livello privato, tarda ad introdurre le nuove vetture con la guida a sinistra. I sorpassi da destra guidando a destra, alla cieca praticamente, sono tutti da vivere quindi.